La Sicilia d’industria: tra PNRR, Fondi strutturali e nuova politica industria-le europea - Intervista a Luigi Rizzolo, Presidente di Sicindustria

giovedì 16 maggio 2024

La Sicilia d’industria: tra PNRR, Fondi strutturali e nuova politica industria-le europea

Intervista a Luigi Rizzolo, Presidente di Sicindustria

a cura della redazione della Rivista giuridica del Mezzogiorno


RIVISTA GIURIDICA DEL MEZZOGIORNO: Presidente Rizzolo, ci descriva la sua organizzazione. Come è strutturata Sicindustria?
LUIGI RIZZOLO: Sicindustria è la più grande associazione di territorio del sistema confin-dustriale siciliano. Con sedi nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo, Ragusa e Trapani, rappresenta oltre mille imprese, con circa 50mila dipendenti. La sua ‘mission’ è sostenere le aziende associate nei rap-porti con le istituzioni, con le amministrazioni, con le organizzazioni sindacali, economiche e politiche. E ancora, offrire servizi in campi diversi come l’internazionalizzazione, le relazioni industriali, la finanza d’impresa, la norma-tiva in materia ambientale, fiscale e sulla sicurezza. Siamo specializzati inoltre in servizi per ampliare il mercato, promuovere nuovi prodotti, potenziare le ca-pacità tecnologiche, accedere a progetti e finanziamenti europei. In tutto que-sto siamo partner da oltre 15 anni di Enterprise Europe Network (Een), la rete della Commissione europea che aiuta le piccole e medie imprese a crescere, innovarsi e internazionalizzarsi.

 

RGM: Che tipo di impresa rappresentate?
L.R.: Rappresentiamo tutte le imprese industriali, produttrici di beni e di servizi. Lo testimoniano i Gruppi merceologici che abbiamo strutturato dal punto di vista organizzativo, proprio sulla base dei settori produttivi di appartenenza: Industria; Sanità; Turismo; Infrastrutture, Logistica e Trasporti; Energia e Ambiente; Agroalimentare; Chimica, Gomma e Plastica; Servizi; Ict; Impianti; Lapideo; Edi-lizia e Metalmeccanica.

 

RGM: Scendiamo sul piano territoriale: quale è la “geografia industria-le” siciliana oggi? Come la descriverebbe a un osservatore esterno?
L.R.: La Sicilia è un vero e proprio ‘mosaico’ di realtà economiche che riflettono la diversità del tessuto produttivo dell’Isola: agroalimentare, chimica, energia, nuove tecnologie, manifattura, cantieristica. Un mosaico che ha alcune specializzazioni territoriali. Pensiamo ad esempio alla cantieristica che ha in Fincantieri, a Palermo, uno dei centri più importanti al livello nazionale o al Polo energetico di Gela, dove Eni ha realizzato la bioraffineria più all’avanguardia d’Europa, un impianto in grado di trasformare in biocarburanti qualsiasi materia prima d’origine biologica. Ma gli esempi possono essere tanti perché ci sono realtà di grande qualità in ogni settore.

 

RGM: Quali, nello specifico?
L.R.: Dal turismo all’alimentare, dalla moda al settore laniero, dalla nautica alle ce-ramiche, dalla lavorazione del marmo alla pietra lavica, dall’innovazione tecno-logica alle energie rinnovabili. Il nostro è un territorio con enormi potenzialità sotto ogni profilo.
Partendo dalla produzione manifatturiera, penso, prima di tutto, alla filiera delle energie pulite che vede la Sicilia al secondo posto tra le regioni italiane per potenza eolica installata o della gestione del ciclo ambientale in chiave circolare, ambito in cui abbiamo fatto molti progressi anche se bisogna ancora crescere alla luce del target europeo del 10% al 2035. Ma penso anche all’industria del-la plastica, all’importanza crescente dell’industria meccatronica e dell’ICT: alle nuove tecnologie e l’innovazione che sono oggi un elemento importante del panorama industriale siciliano, con la crescita di startup e imprese ad alta tecnologia, con la nascita di incubatori e acceleratori. Ed ancora, va sottolineato il peso dell’economia del mare (c.d. Blue Economy), che conosce una crescita importante, con il Mediterraneo che, pur contando soltanto per circa l’1% della superficie dei mari del mondo, rappresenta il 20% del traffico marittimo mondia-le, il 30% di quello petrolifero e il 27% dei servizi di linea container. Qui la Sici-lia è la quarta regione italiana per incidenza degli occupati (5,5% rispetto al 3,6% nazionale), ottava per valore aggiunto (4,3% sul 3,3%) e terza per inci-denza delle imprese attive (con il 6% del totale delle imprese regionali ricondu-cibile alla blue economy).


RGM: E poi ci sono le industrie strettamente legate alle caratteristiche del territorio...

L.R.: Certamente. Solo nell’agroalimentare la Sicilia conta ben 28 Dop (Denomina-zione origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta), un numero pari all’11,25% dei prodotti Dop e Igp italiani, e, grazie alla ricchezza dei suoli (lavici, calcarei, argillosi, tufacei e alle differenze climatiche che caratterizzano il nostro territorio), la pluralità di varietà vinicole è effettivamente unica. Così ab-biamo vini con caratteristiche completamente differenti, da quelli dell’isola di Pantelleria, più vicina all’Africa che alla Sicilia, a quelli della DOC Faro che si allungano ad est verso la Calabria. E ancora, ci sono le sinergie tra cultura e turismo con la Sicilia che è tra le regioni d’Italia con il maggior numero di siti riconosciuti nel patrimonio Unesco, con ciò che questo significa per le imprese turistiche. Oppure pensiamo alla realtà del settore del marmo, tra i più richiesti al mondo, con il 75% della produzione siciliana destinata ai mercati interna-zionali e, in particolare, al Medio ed Estremo Oriente, al Nordafrica e al Nord Americae che ha il proprio centro nel distretto della provincia di Trapani che ospita oltre il 65% delle cave di lapidei di pregio.

 

RGM: Sempre in ottica territoriale, secondo lei, oggi e in prospettiva, la posizione geografica della Sicilia cosa può implicare a livello geo-economico?
L.R.: Questo è un punto strategico. La nostra collocazione ‘al centro’ del Medi-terraneo ci conferisce un vantaggio unico, di vero e proprio ‘ponte’ tra Europa, Africa e Medio Oriente. Siamo una sorta di hub naturale per le rotte commerciali e logistiche, e questo apre opportunità in diversi settori chiave. Per coglierle è prioritario potenziare le attività portuali e le infrastrutture logistiche, promuo-vendo lo sviluppo del trasporto marittimo e delle reti di connessione. Per capire la dimensione del ritardo basti pensare che ad oggi non c’è alcun porto sicilia-no capace di ospitare le navi container che necessitano di grandi spazi a terra e fondali profondi. Una situazione resa più complessa dalla crisi nel Canale di Suez con gli attacchi alle navi mercantili e la scelta degli armatori, di circumna-vigare l’Africa non entrando nel Mediterraneo, ma dirigendosi direttamente verso i porti del Nord Europa.


RGM: Torniamo all’industria siciliana: in che momento siamo dalla sua prospettiva?
L.R.: Ci troviamo in una fase in cui è necessario guardare al futuro con soluzioni innovative e investendo sulle nostre specializzazioni. Gli obiettivi dell’Unione europea stanno tracciando un percorso sfidante per le imprese. E, come sempre accade in questi casi, gli imprenditori capaci di raccogliere la sfi-da ne usciranno più forti di prima. Quindi massima attenzione alle risorse a disposizione, a come utilizzarle, a rafforzare le vocazioni industriali che già oggi sono ben delineate: a partire dalle energie rinovabili. In questo scenario c’è un elemento da considerare con attenzione, ed è quello relativo alle dimensioni delle nostre imprese. Il tessuto imprenditoriale siciliano è composto prevalen-temente da microimprese, un aspetto che spesso ne compromette la capacità di investimento e, quindi, la competitività.

 

RGM: E quali sono le iniziative di Sicindustria su questo punto centrale?
L.R.:
Già da tempo lavoriamo sulle reti d’impresa, strumento utile per permettere alle micro e piccole imprese di superare gli ostacoli legati ai limiti dimensionali e raggiungere la massa critica necessaria a competere a livello globale, salvaguardando comunque la propria individualità. Sono già diverse le reti costituite, con una forte concentrazione nell’ambito agroalimentare, che storicamente è quello che si è attrezzato meglio per lavorare in squadra. Per agevolare que-sto percorso di aggregazione si siamo attivati sia a livello locale, organizzando percorsi formativi su business model e design thinking per reti d’impresa, sia al livello europeo, ad esempio con il progetto BeeNet, Building European Export Networks: una iniziativa sperimentale finanziata dalla Commissione Ue per agevolare la creazione di reti d’impresa europee. È così che abbiamo supportato e finanziato direttamente 10 reti d’impresa costituite tra 47 imprese prove-nienti da tutti i paesi dell’Ue. C’è chi si è occupato di turismo e chi di agroali-mentare; chi di smart cities e chi di nanotecnologie; chi di automotive e chi di energia solare. Una iniziativa ‘plurale’ che abbiamo condotto con la Camera di commercio di Barcellona e il Centro per l’Innovazione della Lituania in veste di partner, affiancati da cinque stakeholder, RetImpresa Confindustria, la Confederazione degli industriali della Lituania, il Consiglio delle Camere di commercio della Catalogna, European Family Businesses Federation e l’Università degli studi di Palermo. Sempre nella stessa logica aggregativa, abbiamo soste-nuto la creazione di distretti produttivi a forte componente tecnologica: siamo partner del Distretto della Meccatronica, di quello del lapideo di pregio, di quel-lo della Luxury hospitality dedicato alla filiera turistica e collaboriamo attiva-mente con gli altri, dall’agroalimentare all’edilizia sostenibile.
Oltre a questo specifica attenzione va data all’aspetto energetico. Come partner del CEII, Consorzio Energia Industria e Innovazione, ad esempio, siamo promotori, insieme ad alcune delle aziende associate, di diverse Comunità energetiche; istituti che portano ad una evoluzione positiva non soltanto all’interno delle imprese, ma nella società. Su questo intendiamo continuare a lavorare.


RGM: Quali sono, secondo lei, i principali nodi da affrontare?
L.R.:
Il primo nodo da affrontare per il rilancio dell’industria siciliana è quello relativo al sistema infrastrutturale che, ad oggi, continua a scontare insufficienti livelli di manutenzione, squilibri tra le aree del Paese in termini di accessibilità, inquinamento e congestionamento delle aree urbane, mancanza dei collegamenti di ultimo miglio. In questa direzione investimenti mirati possono migliorare l’efficienza e la connettività, facilitando il trasferimento delle merci e riducendo i costi operativi per le imprese. È, in sintesi, il tema della “continuità territoriale”, necessaria ad affrontare una ‘perdita emergenziale di competitività’ e quello della connessione dei nove capoluoghi di provincia con una rete autostradale efficiente. Oggi la Sicilia è ai margini delle aree più dinamiche del con-tinente e questo la rende sicuramente poco attrattiva. È una criticità che va af-frontata.

 

RGM: E poi?
L.R.:
Subito dopo inserirei la certezza normativa. Per programmare un investi-mento l’impresa deve conoscere con certezza le regole e deve sapere che non cambieranno il giorno dopo avere avviato la macchina. Non meno importante, in questo senso, la qualità istituzionale (le perdite di tempo sono perdite eco-nomiche, gli anglosassoni parlano di time to market, un investimento non può aspettare i tempi della burocrazia) e la trasparenza. Anche perché mancanza di certezze, discrezionalità, assenza di controlli sono l’humus ideale per il ricorso a ‘scorciatoie’.


RGM: E sul piano della legalità?
L.R.:
Sul tema della lotta alla mafia, Istituzioni e classe imprenditoriale hanno fatto tanta strada ed oggi è certamente più facile che in passato produrre senza subire condizionamenti. Sulla reale prevenzione del fenomeno corruttivo, però, in troppi casi, non è evidente la volontà politica e burocratica di procedere con decisione. La posizione di Sicindustria in tal senso è assolutamente chiara e netta: non bisogna abbassare la guardia e occorre sempre denunciare qualsiasi tentativo di ingerenza criminale all’interno del circuito economico. Posso anche dirle che per quanto riguarda il nostro sistema, l’asticella dell’attenzione è tenuta sempre molto alta e abbiamo tutti gli strumenti per intervenire nei con-fronti di chi risulta connivente con ambienti mafiosi per interessi personali. Io sono alla guida di Sicindustria da poco più di tre mesi, ma il mio impegno è por-tare avanti una linea con pochi annunci e molta concretezza.

 

RGM: In tal senso cosa può significare il PNRR per la sua Regione? Quali, secondo lei, le misure più rilevanti guardate da una prospettiva siciliana?

L.R.: Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha un ruolo essenzia-le nella soluzione di molti dei problemi di cui abbiamo parlato. Sono risorse es-senziali per porti, strade, cablatura e imprese. In base a dati recenti diffusi da OpenPnrr la Sicilia disporrà di 19,1, miliardi per progetti del Pnrr, che interessano 15.587 interventi. La parte maggiore di queste risorse è destinata agli in-vestimenti in infrastrutture, che da soli ammontano a 11 miliardi di euro, con grandi progetti qualificanti come il potenziamento delle linee ferroviarie tra Palermo Catania e Messina o l’elettrificazione della rete in provincia di Trapani. A seguire sono gli investimenti in scuola, università e ricerca e transizione ener-getica, inclusione sociale, salute e impresa e lavoro ed infine digitalizzazione e cultura. Tutte misure di grande rilevanza e che toccano ‘nodi’ dell’economia e della società siciliane. Proprio per questo, quello che non possiamo permetterci è che ii fondi restino inutilizzati, trasformiamoli, piuttosto, in crediti di imposta per gli investimenti green e digitali, ossia le due grandi trasformazioni che abbiamo di fronte e che richiedono una mole di investimenti senza precedenti. Ma non bisogna dimenticare come il ‘valore aggiunto’ del PNRR sia anche nelle riforme da effettuare: burocrazia, tempi della giustizia, fisco, lavoro. Senza di esse non è possibile segnare il cambio di passo necessario.


RGM: E per quanto riguarda le politiche di coesione quali sono le mi-sure da segnalare come necessarie?
L.R.:
È chiaro che l’Europa, oltre che con il PNRR, può giocare un ruolo essen-ziale anche con i Fondi strutturali. La priorità è la stessa, promuovere una cre-scita più omogenea in tutta la Sicilia, migliorando la competitività e la sostenibilità delle imprese. E, quindi, dobbiamo lavorare per investimenti mirati e coordinati con quelli del PNRR, con specifica attenzione su supporto a ricerca e innovazione con incentivi fiscali e finanziamenti per le imprese che investono in progetti innovativi; su uno sviluppo delle competenze che avvenga a stretto contatto con le comunità locali, garantendo una forza lavoro preparata per le esigenze industriali del territorio; sulla focalizzazione su settori industriali stra-tegici sul promuovere l’economia circolare, incoraggiando il riciclo, il riutilizzo e la riduzione degli sprechi.

 

RGM: E la dimensione istituzionale?

L.R.: Guardi, migliorare la qualità istituzionale è centrale per le dinamiche e vuole dire anche sfruttare al massimo i fondi europei disponibili. Quello che deve essere chiaro è che non c’è un problema di risorse, c’è piuttosto un problema di progettualità, di qualità e di capacità di spesa di queste risorse. E que-sto chiama in causa associazioni come la nostra. Occorre lavorare su percorsi di accompagnamento per agevolare una gestione efficace delle dotazioni fi-nanziarie a disposizione. Solo così sarà possibile creare quell’ecosistema che, a sua volta, permetta di bloccare la vera e propria ‘emorragia di cervelli’ che sta depauperando la Sicilia e il suo futuro.

RGM: In quest’ottica, cosa manca, secondo lei, nell’azione dell’amministrazione nazionale e in quella regionale a sostegno dell’industria del Mezzogiorno?
Penso manchi un progetto complessivo, una visione strategica. A partire da quella industriale. Cosa vuole essere l’industria italiana tra 30 anni? Cosa vuole essere in questo contesto quella siciliana? Queste sono le domande che dobbiamo porci. Se abbiamo questa visione poi è più semplice affrontare i nodi: semplificare la burocrazia, promuovere l’attrattività degli investimenti, soste-nere la trasformazione digitale ed ecologica delle imprese. In questa prospettiva bisogna accendere i riflettori sull’opportunità rappresentata dalla ZES Unica che, ritengo, possa essere una occasione reale per riflettere sulle nostre vocazioni territoriali. Bisogna però fare attenzione affinché questa sfida non si trasformi nell’ennesima ‘occasione mancata’.

 

RGM: Cosa si auspica sul punto? Su cosa focalizzerebbe attenzione e risorse pubbliche?
L.R.:
Come ho detto la prima cosa è una visione strategica necessariamente allineata agli obiettivi europei ed in questo senso la Regione mi sembra stia fa-cendo passi nella direzione giusta.
Poi, in quest’ambito, bisogna intervenire concretamente. Il tema energetico gioca un ruolo primario per le imprese – e lo abbiamo visto nei mesi scorsi con l’aumento dei costi – e qui di investire su energie rinnovabili, efficientamento energetico e implementazione di tecnologie pulite. Un tema con una valenza industriale molto diretta: significa abbattere i costi di produzione e aumentare la competitività, compensando, almeno in parte, gli oneri aggiuntivi che le nostre imprese sono costrette a sostenere a causa dell’insularità.
A questo aggiungerei la necessità di puntare sullo sviluppo delle competenze, con programmi di formazione in linea con esigenze specifiche dell’industria siciliana. Da un lato va garantita una forza lavoro preparata al ‘Nuovo mondo’, e, in tal senso, la promozione di partnership tra scuola e im-prese e un lavoro sinergico con gli ITS sono essenziali. Sul punto voglio ricor-dare diverse collaborazioni che abbiamo attivato: dall’Its Academy Alessandro Volta di Palermo, all’Its Academy Aerospazio Sicilia di Ragusa, sino all’Its Madonie Tecnologie e Sistemi Agroalimentari. In parallelo le aziende vanno pre-parate ad acquisire consapevolezza e conoscenza su temi come sostenibilità, digitalizzazione, regole del mercato unico europeo e del commercio internazionale. Proprio per questo negli ultimi mesi, Sicindustria ha attivato percorsi formativi sulla sostenibilità, sull’intelligenza artificiale, sulle gare d’appalto in-ternazionali, sulla formazione di export manager e stiamo preparando un corso sul metaverso: con l’obiettivo di dotare le imprese di una ‘cassetta degli attrezzi’ per allinearsi al contesto mondiale e di crescere.

 

RGM: La Sicilia è terra di importanti Università e centri di ricerca: più in generale, come valuta lo stato del loro rapporto con l’impresa?
L.R.:
Sono convinto che nel rapporto tra università, ricerca e impresa ci sia un patrimonio prezioso per lo sviluppo economico e tecnologico della regione. Ed uno dei ruoli di Sicindustria è appunto quello di tramite tra mondo accademico e settore produttivo. Sento l’esigenza di una ricerca sempre più orientata sulle reali necessità delle imprese, che ‘esca dai cassetti’ e contribuisca allo svilup-po del territorio e del sistema economico. Ma non solo. Un’altra priorità è fare conoscere alle imprese gli esiti di molte ricerche già disponibili e pronte per es-sere inserite nel mercato. Sotto il profilo della didattica, invece, va rafforzata la collaborazione per realizzare programmi universitari che rispondano alle esi-genze dell’industria 4.0, che assicurino agli studenti una formazione che con-senta loro di scegliere se entrare nel mondo del lavoro o creare una propria im-presa. Ecco proprio per questa centralità abbiamo un dialogo costante con tutte le università siciliane. Proprio qualche settimana fa, nell’ambito della coopera-zione di Confindustria e Fondazione Mai con Netval, insieme all’Enterprise Europe Network abbiamo organizzato un incontro per presentare la piattaforma Knowledge Share 2.0, dedicata a valorizzare i risultati della ricerca di Universi-tà, Irccs - Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e gli EPR – Enti Pubblici di Ricerca presenti sul territorio nazionale. Ma più in generale stiamo lavorando a collaborazioni con i Centri di competenza nazionali, siamo partner del Digital Innovation Hub Sicilia, stiamo valutando collaborazioni con gli European Digital Innovation Hub per sostenere la digitalizzazione delle nostre imprese.


RGM: In questo contesto ‘in movimento’, quali sono le principali inizia-tive condotte dalla sua associazione?
L.R.:
Come associazione di imprese e come ‘braccio operativo’ della Commis-sione europea, abbiamo chiara l’idea di rete e di lavoro di squadra. Noi dobbiamo lavorare affinché le opportunità che il mercato globale offre alle nostre imprese, si trasformino in contratti. In questo, mi lasci dire, sono convinto che le imprese siciliane abbiano il potenziale per emergere come leader a livello in-ternazionale. Ed è quello che Sicindustria aiuta a fare, ad esempio organizzando missioni commerciali. E così negli ultimi due anni abbiamo supportato il cluster Ecodomus dell’edilizia sostenibile della Sicilia nella realizzazione del progetto ICBuild finanziato dall’European Cluster Collaboration Platform della Commissione europea. È stata l’occasione per far partecipare imprese del distretto a missioni negli Emirati, in India e in Canada, in Brasile. Stessa attenzione sull’attrazione di investimenti in settori chiave ome l’agroalimentare, l’high tech o l’aviation n cui abbiamo fatto arrivare in Sicilia istituzioni ed ope-ratori economici di diveri Paesi fra cui Lituania, Estonia, Lettonia, Olanda, Francia, Regno Unito, USA, Cina. E ancora, sempre in questa dimensione di ‘apertura’ dell’economia siciliana, tra le iniziative più recenti c’è il primo Corso per Export Manager del Sud Italia che abbiamo realizzato con l’università di Palermo, con Sace; Simest; Ice; Aice; Imit e Assocamere Estere. Una iniziativa per rafforzare la capacità delle nostre imprese di affrontare nuovi mercati.


RGM: Alziamo lo sguardo dalla Sicilia e guardiamo all’Europa. Siamo ad un cambio di passo della politica industriale europea. È una vicenda che tocca l’economia siciliana direttamente, pensiamo a STMicroelectro-nics, pensiamo a 3 Sun nel settore delle rinnovabili. Come e con quali potenzialità la Sicilia e il Mezzogiorno dovrebbero stare in questo percorso di “reindustrializzazione” europeo?
L.R.:
Certamente quella, lo dicevo prima, è la direzione strategica cui guardare, in cui la Sicilia può giocare un ruolo importante in settori chiave: a partire da rinnovabili e chips. In entrambi i campi la Sicilia può sfruttare la sua posizione per consolidare il proprio ruolo nella catena europea di approvvigionamento. Se a questo si aggiunge l’impegno Ue verso la transizione verde, le opportunità crescono per ambire a diventare un vero e proprio hub per l’innovazione e la produzione di tecnologie sostenibili, a partire da pannelli solari ad alta efficienza. Ma guardi, in questa prospettiva, penso anche al ruolo che possiamo avere in partite essenziali come idrogeno e carburanti alternativi, ossia due delle risposte strategiche europee per contribuire a raggiungere gli obiettivi di riduzio-ne delle emissioni. In quest’ottica, in particolare l'idrogeno ‘verde’ ha potenzialità per divenire un vettore essenziale di accelerazione della decarbonizzazione. Non a caso la Commissione europea ha più volte ricordato che proprio questa tipologia di idrogeno potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia e creare 5,4 milioni di posti di lavoro. È una partita cruciale, in cui l'Italia punta a investire 10 miliardi di euro entro il 2030 per l’installazione di 5 GW, con la Sicilia che si candida ad essere regione capofila di una filiera tutta da realizzare.
Anche in quest’ottica sono importanti reti di imprese, collaborazioni internazio-nale per affrontare sfide comuni, massimizzazione delle strategie.

 

RGM: E da un punto di vista di azione concreta come coglierebbe questa occasione? Come secondo lei il tessuto industriale siciliano può beneficiare della presenza di questi attori dell’innovazione?
L.R.:
Ritorniamo al tema della politica industriale. Vanno concentrati gli sforzi finanziari e amministrativi nel consolidare cluster industriali specifici, dove grandi imprese, aziende innovative e start-up, centri di ricerca possano intera-gire. Passa anche da qui la capacità di attrarre investimenti. La chiave è, dun-que, creare un ambiente favorevole che incoraggi la collaborazione, l’investimento in ricerca e sviluppo e la trasformazione di idee innovative in realtà industriali concrete. Se attiviamo questi elementi – che hanno come loro essenziale prerequisito visione di insieme, qualità dell’amministrazione e scel-te settoriali – la Sicilia può posizionarsi come centro di eccellenza e innovazio-ne industriale nell’ambito della nuova politica industriale europea.

 

RGM: Andiamo verso le conclusioni: quali prospettive vede e quali ri-schi per l’industria siciliana? E per quella del Mezzogiorno?
L.R.:
È chiaro che focalizzazione europea sull’innovazione e sulla transizione verde offrano, lo abbiamo già detto, opportunità di crescita per le imprese. Settori in cui l’economia siciliana è ben posizionata come le energie rinnovabili, l’elettronica e la sostenibilità ambientale possono diventare driver chiave dello sviluppo industriale, possono essere un vero e proprio ‘perno’ attorno alla qua-le far girare l’ecosistema. Ma al tempo stesso esistono rischi che non vanno sottovalutati. Per esempio c’è un divario digitale che è da colmare con la massima urgenza, c’è una questione di transizione generazionale da affrontare con rapidità per le molte imprese dell’Isola a conduzione familiare di fronte alla sfida della managerializzazione e della continuità. Sono rischi che si aprono ed in cui le risorse europee possono fare la differenza. In questa direzione la Sicilia (e Sicindustria sta dando e darà il suo contributo) deve essere necessa-riamente ‘proattiva’: identificare opportunità e presentare progetti per dare risposte di qualità ai finanziamenti disponibili.

 

RGM: Un’ultima domanda: lei è ottimista? E se sì, perché?
L.R.:
Sì, sono ottimista. Ci sono sicuramente sfide da affrontare, ma con una vi-sione strategica, investimenti mirati e un impegno di tutte le parti interessate, sono convinto l’industria siciliana possa contribuire in modo significativo alla crescita economica del Paese. C’è, in questo territorio la presenza di aziende leader che è già segno della forza settore industriale siciliano, ma la sfida è muoversi nei prossimi anni lungo gli assi tracciati a livello europeo ed esprime-re appieno le sue potenzialità. Tanto più alla luce di una posizione geografica strategica nel cuore del Mediterraneo che offre opportunità uniche per diventa-re un hub logistico e commerciale. Grandi opportunità, quindi, che dobbiamo perseguire con una convinzione di fondo: superare il gap che continua a dividere il Mezzogiorno dal resto d’Italia è indispensabile se si vuole pensare a una crescita reale del Paese.
 


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