«Sugli impianti di produzione di energie rinnovabili in Sicilia si rischia di cantare vittoria troppo in fretta per poi ritrovarci con un blocco totale come in Sardegna». Il presidente di Sicindustria, Lugi Rizzolo, lancia l’allarme sul piano delle zone idonee ad ospitare pale eoliche e pannelli fotovoltaici che il ministero dell’Ambiente, in ritardo di anni, ha chiesto alle regioni di consegnare entro la fine del 2024.
Era ora che ci fossero regole, non le pare?
«Noi industriali siamo per le rinnovabili non solo per lo sviluppo che possono dare alle imprese del settore ma anche per i benefici sui costi dell’energia e sulla sostenibilità di tutte le aziende. Siamo per le regole e per evitare impianti in zone vincolate per motivi culturali, ambientali o di rischio geologico. Ma vogliamo evitare che si crei l’illusione che la Sicilia ha già dato e che basta così».
Dalla Regione parlano di autorizzazioni già pari ai 10,4 gigawatt previsti per il 2030. Non le pare un ottimo risultato?
«Proprio su questo nascono le nostre preoccupazioni. Il fatto che sia arrivata l’autorizzazione della commissione guidata da Gaetano Armao non significa che l’iter dell’impianto sia concluso. Neanche i dati sulle domande di allaccio di impianti di rinnovabili alla rete di Terna o dell’Enel che, a quanto pare, sono stati utilizzati sono attendibili. Le domande che si inoltrano all’inizio del progetto, si possono revocare in qualsiasi momento ottenendo pure il rimborso delle somme versate. I dati attendibili sono quelli sugli allacci reali alla rete e ci dicono che si deve correre per raggiungere gli obbiettivi europei. Invece si rischia che si blocchi tutto con la scusa che “l’obbiettivo è stato raggiunto”».
Cosa c’è da fare, invece?
«Si deve andare avanti snellendo la burocrazia ed elaborando una mappa delle zone idonee che tenga conto dei vincoli ma anche delle esigenze tecniche delle aziende. Non basta dire “qui si può” e “qui non si può” senza considerare la rete di distribuzione dell’energia e le caratteristiche dei vari impianti».
Per questo avete presentato una vostra proposta al presidente Schifani?
«È un breve documento con le linee guida che secondo noi dovrebbero essere seguite anche per non bloccare gli impianti già autorizzati o in costruzione che potrebbero ritrovarsi in aree non idonee. E soprattutto offriamo il nostro supporto visto che il tempo è poco e l’assessorato all’Energia ha una grande carenza di tecnici rispetto all’enorme mole di lavoro. Una mappatura c’è già, non si può partire dal dichiarare tutte le zone non idonee e poi vedere caso per caso. Meglio il percorso inverso».
Però così è il “liberi tutti”.
«Non è quello che vogliamo, secondo noi in certe aree con deve neanche passare un filo elettrico. Il problema è di cercare di accorciare l’iter delle autorizzazioni: se io ogni volta devo dimostrare che l’area è idonea i tempi si allungano e la decisione di chi deve autorizzare diventa più discrezionale. E questo va contro la trasparenza della pubblica amministrazione e la legalità. E soprattutto bisogna evitare quello che è successo in Sardegna dove è stato bloccato tutto e in Toscana stanno andando nella stessa direzione. Anche il fatto che l’assessorato all’Energia dica che abbiamo raggiunto gli obiettivi ci allarma su una frenata nella transizione energetica che fino ad ora è già stata un pasticcio».
Per quale motivo?
«Il decreto del ministero dell’Ambiente firmato a giugno era atteso da tre anni e adesso si dà tutto in mano alle Regioni con tempi ristretti. E tutte le autorizzazioni già concesse? I lavori già iniziati? Rischiamo anche decine di contenziosi che alla fine pagherebbero i cittadini».
SULLE RINNOVABILI SERVE CHIAREZZA O SARA` IL BLOCCO COME IN SARDEGNA