Lo spettro dei dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni che torna a farsi concreto con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca preoccupa anche alcune imprese siciliane, soprattutto del settore manifatturiero. Circa il 10% dell’export complessivo della Sicilia, che nel primo semestre del 2024 ha pesato per 6,8 miliardi di euro, è infatti diretto verso gli Stati Uniti, nei primi sei mesi di quest’anno per un valore di 646 milioni di euro, in lieve calo, dello 0,9% rispetto al 2023. Secondo i dati Istat forniti da Bankitalia, a fare la parte del leone, anche se con un crollo di fatturato quest’anno fra il 20 e il 30%, i prodotti petroliferi e quelli chimici che insieme pesano 289 milioni di euro. Subito dietro gli apparecchi elettrici con un incremento di oltre il 50% sull’anno precedente e un valore di 211 milioni. A seguire l’agroalimentare con 101 milioni di euro, e con valori molto più esigui, fra 7 e 1 milione di euro, meccanica, farmaceutica, tessile, elettronica e materie plastiche. Sul fronte petrolifero le preoccupazioni sono contenute: «Trump non è certo un ecologista — sottolinea l’ex presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona — ma ha a fianco Musk che è per le energie alternative. Dipenderà molto da quale sarà la politica energetica». Diverso il quadro se si passa alle imprese manifatturiere. A Calatafimi-Segesta la Cep produce cabine elettriche prefabbricate e il 50% del fatturato è frutto delle commesse statunitensi. «Abbiamo già vissuto un periodo simile — ricorda l’amministratore delegato, Mario Melodia — quando Trump si insediò per la prima volta. Ci fu una sorta di rimbalzo con un forte aumento di ordini nei primi sei mesi, proprio per paura dei dazi perché in alcuni settori gli americani non possono fare a meno della nostra tecnologia. Anche stavolta ci aspettiamo un fenomeno simile con un primo periodo di boom di esportazioni verso gli Usa». Ma il futuro preoccupa, tanto che molte aziende stanno elaborando nuove soluzioni: «Sono gli stessi americani a proporre joint-venture con loro aziende dove assemblare i componenti o l’apertura di sedi negli Usa. In questo modo si possono evitare i dazi, anche noi come molti altri da circa un anno stiamo studiando se fare un passo del genere. Per il momento aspettiamo come si concretizzeranno queste minacce». Clima di attesa anche alla Omer di Carini che produce componenti ferroviari. L’azienda pochi giorni fa si è aggiudicata una commessa da parte di Siemens per fornire gli interni di 83 nuovi treni destinati ad Amtrak, operatore ferroviario statunitense di proprietà federale. Ha vinto attraverso la sua società controllata, la Omer North America con sede a Sterling Heights, in Michigan. Proprio la sede nello stato simbolo dell’industria americana che alle urne ha incoronato per un soffio Trump, potrebbe mettere al riparo dai dazi l’azienda siciliana. Ma dal quartier generale si preferisce tenere d’occhio l’evolversi della situazione. «Una cosa è la campagna elettorale — nota il presidente di Sicindustria, Luigi Rizzolo — altra cosa è il programma di governo. Siamo ottimisti ma auspichiamo che l’Europa lavori per una politica comune forte e competitiva».